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Ha fatto un gran rumore la scoperta di un team di scienziati italiani di questi giorni. Uno studio pubblicato su Nature ha rivelato cellule “transformer” che rendono i tumori molto più aggressivi. Queste cellule hanno la capacità di trasformarsi e adattarsi, contribuendo alla crescita e alla diffusione del cancro. La ricerca a firma di studiosi italiani del MD Anderson Cancer Center (Texas, USA), provenienti dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, evidenzia come queste cellule possano mutare rapidamente, rendendo i tumori più resistenti alle terapie convenzionali. Questa scoperta apre nuove prospettive per lo sviluppo di trattamenti mirati a bloccare il meccanismo di trasformazione di queste cellule, potenzialmente migliorando l’efficacia delle cure oncologiche. Ma è anche una scoperta che a Luigi Di Bella era notissima sin dai primi anni di studio del Metodo Di Bella, relegato a cura privata non riconosciuta dopo la sperimentazione poco ortodossa condotta alla fine del secolo.
Il dottor Giuseppe #DiBella, che ne ha preso le redini dai primi anni del 2000, ha spiegato perché ai nostri microfoni:
"Questa è una ulteriore conferma dell’impostazione basilare della cura di mio padre. Questo concetto è ampiamente previsto, ampiamente documentato e ampiamente curato. Nella terapia, che è una multiterapia proprio per la quantità di reazioni vitali mutate, cambiate, Un elemento cardine è questo, insieme all’altro elemento cardine parliamo di obiettivi strategici, del meccanismo di proliferazione delle cellule tumorali.
La terapia di Bella, sin dall’inizio, ha individuato come obiettivi proprio le cellule mutanti. Le hanno anche battezzate diversamente, le chiamano anche "persister". Queste cellule mutanti non sono altro che la risultante di un sistema di difesa noto da molti anni e pubblicato da noi, battezzato da un ricercatore, Ragman, un biologo molecolare, e chiamato "SOS": le nostre cellule lo hanno ereditato dai batteri e lo hanno silenziato, in pratica lo hanno represso ma non soppresso. In situazioni particolari di stress si riappropriano di questo sistema di sopravvivenza, che rappresenta il pericolo massimo del tumore"
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