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Non è stato facile nemmeno dall’altra parte. Dalla parte di chi le restrizioni le ha dovute far rispettare, o ancora meglio, dalla parte di chi, pur conoscendone le criticità, è stato chiamato a interpretare il braccio armato delle restrizioni pandemiche. Qualcuno si è opposto, qualcun altro no, ma il sovraccarico emotivo accumulato va sottolineato. anche perché le forze dell’ordine subirono gli stessi identici obblighi inflitti a tutti in periodo pandemico.
Le forze dell’ordine furono incaricate di assicurare l’esecuzione delle misure urgenti disposte dal governo, avvalendosi anche del supporto delle Forze armate. Il rapido susseguirsi di decreti e ordinanze ha reso difficile per polizia e carabinieri l’interpretazione e l’applicazione uniforme delle norme, dovendo per di più fare i conti col bilanciare l’esigenza di far rispettare le norme con la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.
Poi l’obbligo vaccinale e la beffa per chi credeva che lo Stato avrebbe assunto posizioni libertarie: "Il 14 dicembre ci fu un susseguirsi di telefonate intenso. Il 15 partiva l’obbligo. Alcuni colleghi mi dissero di non farcela, ‘la faccio finita’. Non avevano il coraggio di riconsegnare le armi, di farsi ritirare tutto. Quello che però ci ha fatto soffrire di più in assoluto è il fatto che il decreto parlava di una sospensione per sei mesi, ma non diceva cosa poteva accadere dopo. Con gli stati d’emergenza che si rinnovavano di mese in mese, molti di noi hanno iniziato ad avere paura di perdere il posto di lavoro".
A parlare è #AntonioPorto, del sindacato #OsaPolizia nato proprio nel periodo in oggetto.
Ascoltate la testimonianza ai microfoni di Fabio Duranti | 29 novembre 2024
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