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C’è un passaggio che rischia di sfuggire mentre guardiamo alle meraviglie della cosiddetta intelligenza artificiale. Non è soltanto la sua capacità di generare testi, immagini, strategie, previsioni. È l’infrastruttura fisica che la sostiene, gigantesca, energivora, costosa – e che sta ridisegnando geografie e rapporti di potere.
Un articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera ha acceso il dibattito: negli Stati Uniti crescono le proteste contro la costruzione di enormi data center, veri e propri cattedrali di cemento e silicio lunghe centinaia di metri, dove colossi come Microsoft, Google, Amazon e Nvidia stipano le macchine di calcolo necessarie a far funzionare gli algoritmi. Secondo gli studi citati, la richiesta di energia elettrica e acqua per il raffreddamento è così elevata da innalzare i costi per intere comunità.
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