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Seppur fosse tangibile, posta in un luogo fisico e a disposizione di tutti? O se invece si vendesse come prodotto di massa al supermercato? Davvero la verità riscuoterebbe il successo che tutti ci aspetteremmo?
Forse no. Il motivo non è perché qualcuno che se ne sente padrone, ne detiene i diritti, ma il fatto che anche nel campo per eccellenza in cui questa si ricerca, è arrivata una rinuncia inesorabile. Procurarsene le prove è facile: si apra un articolo di giornale e si veda a quante fallacie comunicative si ricorre per fagocitare la propria tesi. Dozzine di errori e sotterfugi si nascondono dietro gli editoriali ben assestati. Migliaia di etichette e perifrasi in spregio a categorie intere di persone sono il sottotesto di articoli assestati solo col fine di rimpolpare una falsa élite di migliori.
Siamo quindi nell’epoca della post verità? Forse sì. Il forse è d’obbligo, per chi pretende di esserne in ricerca. Gli indizi sono tanti, specialmente dopo le elezioni americane: decine di articoli troneggiavano tra i giornali più accreditati, tutti volti a sminuire la scelta di un popolo vista nel migliore dei casi come "irrazionale" e nel peggiore come "patologica".
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