Uno sguardo al Medioriente: il fardello della guerra

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Non potevamo esimerci, noi del Bar di Don Chisciotte, dal parlare della questione Mediorientale.

Ne dibattiamo come si farebbe appunto in un Bar, senza alcuna pretesa di sapienza geopolitica, ma usando il nostro comune buonsenso, coscienti del fatto che ogni giorno nuovi sviluppi complicano ulteriormente la questione mediorientale.

Chi ha ragione, e chi torto? Dove ci siano vittime civili, adulti e bimbi innocenti, tutti in qualche modo hanno colpe. Eppure, questa vicenda drammatica, che si sviluppa purtroppo sempre più nella direzione di una guerra globale, ha un inizio, e responsabilità precise, specie del mondo occidentale, ormai da più di un secolo:

Verso la fine dell’Ottocento, la diffusione del sionismo alimenta un’ondata migratoria dall’Europa verso la Palestina. Dopo la Prima Guerra Mondiale la regione viene affidata in mandato alla Gran Bretagna, ma la crescita della presenza ebraica, intensificatasi negli anni 1930 con gli arrivi provenienti soprattutto dall’Europa centrale e orientale, ha acuito l’opposizione araba antibritannica e antiebraica: nel 1936 si solleva una rivolta, che si protrae fino al 1939, quando la Gran Bretagna, con il Libro Bianco, formula un progetto che prevede la nascita entro 10 anni di un unico Stato indipendente.

Dopo il 1945 la crisi riesplode con violenza, connessa anche all’immigrazione dei superstiti della Shoah e alle azioni dei movimenti paramilitari ebraici; nel 1947 l’Assemblea generale approva un piano di spartizione della Palestina fra uno Stato ebraico, uno arabo e una zona, comprendente Gerusalemme, da sottoporre ad amministrazione fiduciaria dell’ONU. Immediatamente respinta dagli Arabi, la risoluzione 181 stabilisce anche la cessazione del mandato britannico entro il 1° agosto 1948.

Mentre già dal novembre precedente infuriano i combattimenti tra le due comunità, il 14 maggio 1948 viene proclamato lo Stato d’Israele: il giorno successivo gli eserciti di Egitto, Siria, Transgiordania, Iraq e Libano invadono il territorio del nuovo Stato. Il conflitto porta alla conquista da parte di Israele – cui era stato assegnato il 56% del territorio del mandato – di una grande fetta di quello spettante ai Palestinesi (compreso il settore occidentale di Gerusalemme); la striscia di Gaza viene occupata dall’Egitto, mentre la Cisgiordania (compreso il settore orientale di Gerusalemme) viene annessa dalla Giordania e il previsto Stato palestinese non vede la luce.

Gli oltre 850.000 Arabi già residenti nell’area acquisita da Israele sono nella grande maggioranza costretti alla fuga dalle operazioni belliche (circa 750.000 profughi affluiscono in Cisgiordania, a Gaza e nei paesi arabi vicini).*

La storia degli ultimi decenni, fatta di rari momenti di tregua e una lunga scia di sangue nello scontro tra popoli che non sembra poter finire mai, assume ora una connotazione più preoccupante perché l’azione di Israele sembra sia orientata a colpire, indiscriminatamente, gli Stati confinanti, in una escalation di cui non si capisce quale sia la strategia finale e che rischia di coinvolgere le superpotenze mondiali, e l’Iran in particolare.

Ne parliamo, agli inizi di questa puntata, con Hanieh Tarkian, italo-iraniana, dottoressa in Scienze islamiche presso il Jamiat az-Zahra, il più importante centro femminile di studi islamici dell’Iran, con un Master in Relazioni Internazionali e Studi Strategici. Attualmente è docente e coordinatrice del Master in lingua italiana in Studi Islamici organizzato dall’Università internazionale al-Mustafa (Iran). Scrive di politica, religione e geopolitica.

A seguire, le osservazioni di noi redattori di Come Don Chisciotte.

Buona visione!

*https://www.treccani.it/enciclopedia/israele/

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