BULIMIA E ANORESSIA. IL DOLORE DELL’ANIMA – Antonia Dimovska

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Elisa Renaldin – su Fabbrica della Comunicazione e nella rubrica Vitamine per l’Anima – parla con la ex psicoterapeuta Antonia Domovska sul perché i disturbi del comportamento alimentare possono essere definiti un “dolore dell’Anima”.
E come nasce questo tipo di dolore?
Noi siamo qui per essere felici e per stare bene, e quando la sofferenza diventa troppo grande abbiamo bisogno di una via d’uscita – ovvero cercare il modo di sentirci amati – cerchiamo tutti gli escamotage possibili.
Più si è precoci nel sentire questa sofferenza, più è probabile sviluppare un disturbo del comportamento alimentare.
Il primo modo in cui ci rassicuriamo, ci tranquillizziamo, ci coccoliamo e ci sentiamo amati, risiede nel rapporto con il cibo.
Ognuno di noi sa cosa vuol dire usare il cibo non per nutrirsi fisicamente, ma per altre ragioni più legate alla sfera emotiva.
Sappiamo che, nei casi di disturbo del comportamento alimentare, il cibo non c’entra nulla.
Paradossalmente, una bulimia può essere uno stratagemma per continuare a vivere, è un modo che il sistema interno escogita per sopravvivere a certe sollecitazioni dolorose attraverso una compensazione.
Il primo passo per uscire da questo tunnel è assumersi la responsabilità in toto di se stessi, e comprendere che possiamo farlo, con coraggio.
Tra i punti fondamentali da cui cominciare c’è questo assunto: ciò che senti è giusto per definizione. Inutile discutere di “giusto”, “sbagliato”, “lecito”…
Un sentimento, un movimento interiore, in quanto esistente, è corretto e coerente. Quindi è necessario partire da quello che sentiamo, anche se non ci piace.
Questa azione di accogliere ciò che sentiamo ci mette al riparo dai giudizi ricevuti che, inevitabilmente, vanno a minare la nostra stabilità, rendendoci maggiormente vulnerabili e soggetti a ciò che forse non dovremmo più chiamare “disturbo” ma “il tentativo disperato di qualcuno che si aggrappa alla vita”.

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