Enrico Lombardi, un 55enne infermiere del reparto di lungodegenza di Cervia ….

condannato a 2 anni e 10 mesi di reclusione per esercizio abusivo della professione medica e per morte come conseguenza di altro reato, per avere somministrato sedativi – talofen misto a valium – a una 67enne paziente insonne che poco dopo era deceduta. Lui, Enrico Lombardi, un 55enne infermiere del reparto di lungodegenza di Cervia, ha sempre negato quelle somministrazioni e ora, tutelato dall’avvocato Massimo Martini, ha presentato ricorso in appello. Tutto era accaduto nella notte tra il 25 e il 26 settembre 2016 sotto agli occhi di una testimone oculare, una infermiera 32enne. Nel motivare la sentenza il giudice, Cosimo Pedullà, ritiene credibile la versione della collega testimone e, al contrario, non credibile e contraddittoria quella dell’imputato. Quella notte, ha riferito l’infermiera, la paziente continuava a lamentarsi del fatto che era stanca di stare in ospedale e Lombardi le disse che "se voleva dormire avrebbe provveduto". A dispetto delle preoccupazioni della collega, in caso di somministrazione di medicinali non prescritti, lui "ha aspirato una fiala in una siringa ed è andato a somministrargliela". La donna inizialmente si era addormentata, ma poco dopo l’infermiera avrebbe sorpreso il collega "nell’atto di misurare le pulsazioni vitali della signora". Da qui le due versioni, con l’imputato che nega. Ma, a detta del giudice, la sua tesi "entra in conflitto con l’evidenza, ammessa dall’imputato, che quella notte sia entrato più volte (tre) nella stanza della signora, nonostante non fosse paziente affidata alle sue cure". Viene invece ritenuta "affidabile" la testimonianza oculare dell’infermiera, la quale tuttavia non aveva segnalato sul diario infermieristico la somministrazione del collega di quei farmaci non prescritti. "Un’omissione che, per quanto rimproverabile – scrive il giudice – è comprensibile nell’ottica di preservare i rapporti col collega, non immaginando che la situazione sarebbe precipitata". Una delle ipotesi alternative sostenuta dalla difesa, che la paziente si sarebbe auto somministrata i farmaci letali, viene pure scartata dal giudice secondo cui "non avrebbe avuto senso per la signora chiedere l’intervento dei sanitari se davvero aveva la possibilità di risolvere il problema in maniera autonoma". Altra prova incisiva, il messaggio ("mi hanno mandato l’avviso di garanzia, mi raccomando, sempre uniti") che l’imputato ha inviato alla collega il giorno dopo l’accaduto, non prodotto in atti. Messaggio confermato dall’imputato, da lui definito di "solidarietà professionale". https://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/cronaca/farmaci-letali-imputato-non-credibile-4eb08074