“I vaccinati muoiono di più”, lo studio scientifico del dottor Donzelli – Corto tg 28/02/2023

I vaccinati contro il Covid muoiono più dei non vaccinati di pari età.
È il risultato di uno studio scientifico in fase preprint, cioè in attesa di revisione da parte di altri scienziati, condotto da un gruppo di ricercatori guidati dal dottor Alberto Donzelli. Il titolo del lavoro, consultabile su preprints.org, è “Mortalità per tutte le cause secondo lo stato di vaccinazione Covid-19. Un’analisi dei dati pubblici dell’Ufficio per le statistiche nazionali del Regno Unito”.
L’ente britannico è l’unico che fornisce i dati sui decessi per età e per stato di vaccinazione. Tali dati riguardano sia decessi causati dal Covid, sia da qualsiasi altro motivo e sono aggiornati al dicembre 2022. Dall’analisi dei dati è emerso che in ogni gruppo di età, la mortalità per tutte le cause è più alta nelle persone vaccinate contro il Covid. Il rischio di morte per i vaccinati è stato inferiore nel periodo gennaio-marzo 2021, ma poi è aumentato costantemente nel tempo e si è verificato il sorpasso.

La Cina ha respinto al mittente le accuse statunitensi sulla fuoriuscita del virus a causa di un incidente nel laboratorio di Wuhan.
Il Wall Street Journal aveva pubblicato la notizia di un rapporto dell’l’intelligence, comunicato al dipartimento per l’Energia, secondo cui la diffusione del virus sarebbe stata causata da una fuga di laboratorio. Il Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti aveva aggiunto di aver poca fiducia nel rapporto redatto dai servizi segreti americani.
La portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha dichiarato che la ricerca delle origini della SARS-CoV-2 riguarda la scienza e non dovrebbe essere politicizzata. “Bisogna smetterla di ripetere la narrativa della "fuga di laboratorio", smettere di diffamare la Cina e smettere di politicizzare la ricerca delle origini”, ha dichiarato la diplomatica cinese.

Riesplodono le tensioni fra israeliani e palestinesi nella Cisgiordania occupata dallo Stato d’Israele.
Il 26 febbraio un uomo palestinese ha sparato ed ucciso due fratelli israeliani ventenni nella città di Hawara, vicino Nablus. L’uccisione fa seguito a un’operazione dell’esercito israeliano nei territori occupati che ha causato la morte di 11 palestinesi.
Il primo ministro B. Netanyhau ha subito parlato di “attacco terroristico palestinese”. Non si è fatta attendere la reazione dei coloni israeliani. In centinaia, lunedì, hanno risposto alla morte dei due giovani fratelli assaltando le case dei palestinesi e incendiandole. La rivolta, una vera e propria vendetta, ha costretto intere famiglie palestinesi a darsi alla fuga. I palestinesi hanno risposto all’attacco dei coloni israeliano.
Solo a notte fonda, le forze israeliane sono riuscite a prendere il controllo della situazione. Il bollettino finale è di 100 auto date alle fiamme e 35 case totalmente bruciate. Il ministero della salute palestinese ha divulgato un comunicato in cui si attestano due feriti palestinesi gravi, uno ferito da un colpo di pistola all’addome, e un altro colpito da un grosso sasso sulla nuca.

Il 23 febbraio scorso, l’esercito ucraino ha bombardato il quartiere Petrovsky di Donetsk, uccidendo quattro paramedici e ferendo 10 soccorritori giunti sul posto dopo un primo bombardamento dell’area. Due giorni dopo, un soldato ucraino ha pubblicato su Tik Tok il video di un drone che mostra la scena del bombardamento "in diretta". Nel filmato si vede il drone che mira all’ambulanza e all’area circostante, in sottofondo una musica rock. Sparare su mezzi di soccorso è un atto contrario all’onore militare, come sancito nei codici militari, e costituisce grave crimine di guerra.

La Serbia e l’autoproclamata repubblica del Kosovo hanno dichiarato di sostenere l’accordo di pace proposto dall’Unione europea. La comunicazione è arrivata in conferenza stampa dall’alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza comune dell’UE, Josep Borrell, dopo l’incontro tenuto lunedì 27 febbraio con il presidente serbo Aleksandar Vucic e il primo ministro kosovaro Albin Kurti.
Le tensioni tra i due Paesi balcanici erano sorte nei mesi scorsi a causa dell’annuncio delle autorità del Kosovo di imporre ai cittadini serbi la circolazione stradale unicamente con targhe kosovare.
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