Il valore dello studente che mangia la banana di Cattelan: un gesto dadaista contro il capitale

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Ha fatto molto discutere e ha fatto altresì il giro del mondo qualche giorno addietro la scena dello #studente orientale che al cospetto dell’opera di #Cattelan, la #banana appesa al muro, ha pensato bene di strapparla e di mangiarla. "Avevo fame", così si è giustificato candidamente lo studente, destando non poche ire da parte dei cultori dell’arte che erano lì a celebrare e a elogiare l’opera di Cattelan. In sostanza, hanno detto che questo studente, non è in grado di apprezzare l’arte contemporanea e di fronte a una banana appesa, anziché vedere l’opera d’arte, vede semplicemente un oggetto commestibile. Ora mi sia consentito fare l’apologia, anzi, l’elogio di questo studente orientale che forse inavvertitamente o forse in maniera intenzionale, ha a sua volta agito in maniera artistica. Mi permetto di dire che vi è infinitamente più arte nel gesto dello studente orientale di quanta non ve ne sia nell’opera d’arte in questione di Cattelan. Dacché propriamente l’opera d’arte, al tempo del capitalismo assoluto totalitario, cessa di essere propriamente opera d’arte e diviene invece merce fra le merci, ne trovate la più fulgida espressione in un film di qualche anno addietro, ‘La migliore offerta’ che rivela lo statuto dell’arte al tempo del capitalismo assoluto totalitario o turbocapitalismo che dir si voglia. In quella pellicola l’arte diviene solo merce custodita e valorizzata secondo il valore economico dal protagonista, che acquista opere costosissime e poi le chiude nel proprio caveau per contemplarle non per la loro bellezza, bensì per il loro valore economico.

Ecco cos’è divenuta l’arte al tempo del turbocapitalismo. Peraltro, se volessimo ragionare sulle orme dello Schopenhauer, de "Il mondo come volontà e rappresentazione", dovremmo dire che la vera arte è quella che sospende il fare quotidiano, sospende la volontà. Sicché al cospetto di una natura morta o di un’opera d’arte che raffigura delle splendide mele o degli splendidi frutti, l’arte non ci fa vedere la cosa in quanto utilizzabile, nel caso specifico mangiabile. Sospende la nostra volontà, diceva Schopenhauer, e ci pone in connessione con il bello in sé. Ora l’#arte contemporanea, e penso giustappunto alla banana di Cattelan, sembra aver smarrito questa valenza che Schopenhauer definiva quiete viva, in grado cioè di dare quiete e pace alla volontà altrimenti incontenibile e ipertroficamente riproducente. Ebbene, l’arte al tempo del turbocapitalismo è parte integrante del mondo del fare frenetico, della tecnica e della valorizzazione illimitata del #capitale. Indi per cui il gesto dello studente orientale sembra essere un gesto dadaista e a sua volta artistico, una forma di critica pratica dell’opera di Cattelan e forse, più in generale, di ciò che l’arte sembra essere divenuta oggi, in un tempo che si pone come non veritativo, come post metafisico, e che dunque non dobbiamo sorprenderci, né non sembra avere alcun rispetto per il problema della verità, declinata nelle sue tre determinazioni fondamentali: filosofica, religiosa e giustappunto artistica. Lode dunque allo studente che ha mosso una acutissima e direi geniale critica dell’arte contemporanea.

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