Lettera a Giletti: caro Massimo, solidarietà ma niente memoria corta – Amodeo

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Voglio dedicare questo intervento a Massimo #Giletti, ad una lettera che ho personalmente scritto a Giletti, sia per esprimere doverosa e sentita vicinanza per quanto gli è accaduto, e sia per chiarire alcuni punti.
Leggiamola insieme.

"Gentile Giletti, anzi gentile Massimo, in diretta mi dicesti che potevamo darci del tu.
Ho ritenuto opportuno in più occasioni esprimere pubblicamente solidarietà per quanto ti è accaduto, perché ritengo sinceramente che la chiusura del tuo #programma sia qualcosa che debba indignare tutti indistintamente, nonostante in quella stessa #trasmissione abbiate provato a darmi del ‘No Vax pro Putin’, scrivendolo addirittura nelle didascalie e negli hashtag che accompagnavano la mia immagine in onda. E questo soltanto perché io da una parte esprimevo dubbi da giornalista sulla sicurezza di questo #vaccino anticovid, sulla base del suo controverso iter di approvazione e sui conflitti di interesse che hanno contraddistinto la sua imposizione.

Dall’altra parte, invece, dopo una accurata e documentata inchiesta sul conflitto in Ucraina, provavo ad evidenziare in trasmissione le responsabilità di Stati Uniti e #NATO nell’escalation del conflitto.
Conflitto che, come sappiamo, è iniziato in Ucraina nel 2014.
Le mie ragioni furono ignorate, anzi. In trasmissione evidentemente non servivo in qualità di giornalista o autore di importanti inchieste, ma solo se accompagnato dall’etichetta che provavate ad imporre da settimane, ossia quella di ‘pro Putin’ e ‘No Vax’.
Ebbi ovviamente modo in diretta nell’arena di esprimerti con parole molto forti il mio disappunto: anzi il fatto che io ebbi modo di chiarirlo in diretta è assolutamente un tuo merito ed hai tutta la mia riconoscenza.

Altri tuoi colleghi quella possibilità non me l’hanno mai voluta dare, quindi tanto di cappello a te.
Ma la mia presa di posizione fu talmente decisa che giorni dopo i giornali ed anche i vostri canali ufficiali titolavano: ‘#Amodeo contro Giletti’. La tua cordialissima autrice, qualche giorno dopo mi contattò complimentandosi per l’andamento degli ascolti durante i miei interventi e mi invitò nuovamente in trasmissione per la puntata della domenica successiva.
Ma qualcuno, senza dare troppe spiegazioni, agendo quindi alla Cairo, potremmo dire, decise di cancellare la mia partecipazione con un messaggio whatsapp che mi arrivò qualche giorno prima della puntata, mi avvisarono che per un cambio improvviso nella distribuzione degli ospiti di quella sera bisognava rimandare il mio intervento.
Bene, non mi avete mai più chiamato.

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Mi resi allora conto che la mia partecipazione non era stata rimandata, come mi avevate detto, ma ero stato silurato.
Ora dovrei dirti: ‘chi di spada ferisce di spada perisce’, ma non mi farebbe assolutamente onore utilizzare una frase del genere.
Non ritengo neanche opportuno affidare il mio commento alle leggi karmiche, perché non c’è nulla da essere contenti della #censura che tu hai subito. Non ti ricambierei mai con la stessa moneta.
Capisco che farlo andrebbe assolutamente a discapito della libertà di stampa e di parola, che invece è quello a cui io tengo di più e per cui lotto ogni giorno. Vorrei però accendere un riflettore sul fatto che quello che tu hai vissuto in questi giorni, che ha suscitato giustamente tanto clamore nell’opinione pubblica, finendo su tutti i giornali, molti tuoi colleghi che operano sul web lo stanno subendo da anni nel silenzio generale. Anche il tuo di silenzio.

Giornalisti a cui sono state cancellate pagine social dal giorno alla notte senza appello, a cui è stata tolta la possibilità di monetizzare per impedirgli di svolgere il proprio lavoro. Profili finiti in shadow ban che, pur essendo rimasti attivi, non possono raggiungere più nessuno, neanche con una diretta dal cellulare. Un esercito di tuoi colleghi resi totalmente invisibili, compreso il sottoscritto, per i quali nessuno si è mai indignato. Ma quando brucia fuori, caro Massimo, e noi fingiamo di non vedere il fumo perché la casa nostra non è stata colpita dalle fiamme, ritenendo quindi che sia inutile contribuire a spegnere quell’incendio nel giardino di altri, bene, prima o poi quelle fiamme arrivano inesorabilmente da noi. E a quel punto sarà troppo tardi per gridare che la libertà di stampa sta andando in fumo.
Ecco perché io continuerò a gridare: solidarietà a #MassimoGiletti".

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