Papa Francesco in Sud Sudan, preghiera ecumenica: “Pregare, operare e camminare”

Pregare, anzitutto. Il grande impegno delle comunità cristiane nella promozione umana, nella solidarietà e nella pace sarebbe vano senza la preghiera. Infatti, non possiamo promuovere la pace senza aver prima invocato Gesù, «Principe della pace» (Is 9,5). Ciò che facciamo per gli altri e condividiamo con gli altri è anzitutto dono gratuito che riceviamo a mani vuote da Lui: è grazia, pura grazia. Siamo cristiani perché gratuitamente amati da Cristo.

Proprio per la causa della pace siamo chiamati, in secondo luogo, a operare. Perché Gesù ci vuole «operatori di pace», vuole che la sua Chiesa non sia solo segno e strumento dell’intima unione con Dio, ma anche dell’unità di tutto il genere umano (cfr Lumen gentium, 1). Cristo, infatti, come ricorda
l’Apostolo Paolo, «è la nostra pace» precisamente nel senso del ristabilimento dell’unità: Egli è colui che “fa di due una cosa sola, abbattendo i muri di separazione, l’inimicizia”

Ecco allora il terzo verbo: dopo pregare e operare, camminare. Qui, lungo i decenni, le comunità cristiane si sono fortemente impegnate nel promuovere percorsi di riconciliazione. Io vorrei ringraziarvi per questa luminosa testimonianza di fede, nata dal riconoscere non solo a parole, ma nei fatti, che prima delle divisioni storiche c’è una realtà immutabile: siamo cristiani, siamo di Cristo. È bello che, in mezzo a tanta conflittualità, l’appartenenza cristiana non abbia mai disgregato la popolazione, ma è stata, ed è
tuttora, fattore di unità. L’eredità ecumenica del Sud Sudan è un tesoro prezioso, una lode al nome di Gesù, un atto di amore alla Chiesa sua sposa, un esempio universale per il cammino di unità dei cristiani.